
Lo chiamavano “piramide spaziale”, ma non solo. Si tratta dell’Autogrill di Villoresi Ovest, un simbolo per tutti gli abitanti della zona, tra le strutture più famose della catena.
Costruito agli albori del boom, nel 1958, per far fronte alla crescente motorizzazione degli italiani, per i quali l’automobile era un sogno che si realizzava, era un edificio che guardava al futuro, uscito dalla matita del geniale architetto Angelo Bianchetti. Aderente allo stile razionalista, i suoi lavori hanno segnato la storia delle nostre stazioni autostradali, essendo egli anche l’inventore dei celebri “Autogrill a ponte”, il primo dei quali realizzato nel 1959 a Fiorenzuola d’Adda.
Bianchetti volle proiettare la nuova struttura verso il domani, con uno stile caratteristico e, si sarebbe detto un tempo, “ardito”. Egli disegnò un’imponente impalcatura bianca a forma di piramide, sormontata da una cupola dalle punte rotonde; circa 20 metri più sotto, l’edificio principale, caratterizzato invece da una forma circolare e aerodinamica, in cui trovava posto l’area di servizio vera e propria, con il bar e il ristorante. All’interno, un grande lampadario a goccia dominava il soffitto.
Persino la celebre rivista “Life” avrebbe dedicato un articolo al nuovo Autogrill, esaltandone il lusso, la modernità e l’eleganza.
Scrisse pochi anni fa il “Sole 24 Ore”, «Il futuro che Bianchetti prefigurò nell’armonia di triangoli e cerchi dell’autogrill Villoresi Ovest manifestava i segni di un’epoca che respirava nella sfida dell’uomo contro le leggi di gravità. Erano gli anni delle conquiste spaziali e qualcosa che appartiene al linguaggio dell’universo da esplorare è rimasto ancora oggi nell’atmosfera che si avverte ai piedi di questa piramide».
Anni più tardi, il futuro arrivò davvero, e Autogrill decise di “omaggiare” a modo suo la vecchia struttura, inaugurando nel 2013, di fronte allo storico Villoresi Ovest, la nuova area di Villoresi Est: un avveniristico vulcano, disegnato dall’architetto Giulio Ceppi, alto 30 metri (10 in più della “piramide”) e illuminato di rosso alla sera.
Mentre il nuovo avanzava, tuttavia, l’opera di Bianchetti invecchiava, e il trascorrere non risparmiò il Villoresi Ovest: luci spente, impianti vecchi e malfunzionanti, locali polverosi e inadeguati, persino la qualità del servizio – lamentano alcune recensioni che si leggono online – sarebbe peggiorata.
Forse per questo, la società ha deciso per una drastica ristrutturazione della struttura; iniziati nel 2020, i lavori hanno visto prima lo svuotamento della struttura e poi la demolizione dello storico edificio del ristorante, la cui forma richiamava quasi un’astronave. In molti, sui canali social, hanno accolto con stupore – e rimpianto – la demolizione del vecchio stabile, che ad alcuni ricordava il cartone anni ’60 dei “Jetsons” (i “Pronipoti”), ad altri i “poliziotteschi” degli anni ’70.
Sono allora emersi i ricordi di tante persone che lo avevano frequentato; da chi ne faceva una “tappa fissa quando andavo a ballare a Milano”, a chi lo considerava un vero e proprio “punto di riferimento”, un “monumento” storico da preservare. Un “simbolo”, secondo molti, di quell’Italia del dopoguerra che cercava di ripartire. Autogrill, tuttavia, ha dichiarato di avere investito oltre 4,5 milioni di euro per la riqualificazione e, se la caratteristica piramide rimane al suo posto, anche la “astronave” del Bianchetti è destinata ad atterrare nuovamente a Villoresi.
Sì, perché la società ha reso noto che il rinnovamento in atto prevede una “ricostruzione conservativa del design originale”.
Il piano, infatti, ha previsto la ricostruzione dell’edificio originale, inaugurato a novembre 2020, secondo i più moderni standard edilizi in tema di sicurezza, materiali ed efficienza energetica. All’interno, invece, un nuovo concept, che omaggia però il 1958, l’anno di inaugurazione del vecchio ristorante.
Insomma, un compromesso tra l’estetica futuristica degli anni ’50 e i dettami di sostenibilità moderni che, speriamo, sapranno ridare lustro alla “Piramide” di Villoresi, uno dei più famosi esempi di quella “architettura della benzina” che caratterizza, da oltre un secolo, le strade di tutto il mondo.
Marco Mocchetti
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