Petrolio in mare per salvare vite: la storia del “Volturno”

La diffusione del petrolio all’inizio del secolo scorso non rivoluzionò solamente i trasporti su strada.

Le necessità di trasportare il greggio dai pozzi petroliferi dell’America, della Persia e dell’Impero Russo in ogni angolo del globo portò alla nascita delle moderne navi cisterna.

Si dice che le prime petroliere siano nate grazie a Robert e Ludvig Nobel, fratelli del più noto Albert (l’inventore della dinamite e del Premio Nobel). La loro società, la Branobel, fu un’importante compagnia petrolifera attiva nella zona di Baku, che favorì anche la costruzione dei primi oleodotti e – appunto – delle prime navi per il trasporto dell’oro nero.

Con lo sviluppo del trasporto marittimo iniziarono – è ovvio – anche i primi incidenti. Erano frequenti gli sversamenti di petrolio e gli incendi, che sono oggi considerati tra le maggiori catastrofi ambientali che possano accadere.

La “Domenica del Corriere” del febbraio 1922, in un articolo dedicato alle sciagure in mare, riporta proprio alcune notizie e immagini circa alcuni incendi sviluppatisi a bordo di navi cariche di alcool o petrolio negli anni precedenti.

L’articolo cita tuttavia anche un altro caso, quello del transatlantico britannico “Volturno, i cui passeggeri furono salvati proprio grazie… al petrolio!

Il caso risaliva al 9 ottobre 1913 quando, in pieno Oceano Atlantico, il RMS Carmania (“il medesimo al quale toccò pure la ventura di salvar un migliaio di naufraghi del Titanic[in verità quello era il Carpathia, ndr]) ricevette un SOS.

Il piroscafo Volturno, “in preda a violentissimo incendio”, chiedeva aiuto.

Nonostante fosse in corso una tempesta, il Carmania “forzò le macchine”, per giungere il prima possibile sul luogo del disastro. “Uno spettacolo spaventevole si offrì agli sguardi dei sopraggiunti; il Volturno era una fornace. Molti fra i passeggeri e i marinai, non potendo resistere sulla tolda ardente, si gettavano in mare e perivano annegati nella violenza dei flutti”.

"The-Burning-of-the-S.S.-Volturno", dipinto di William Shackleton
The Burning of the S.S. Volturno“, dipinto di William Shackleton

Giunsero sul luogo “nove o dieci navi” di diversi paesi, formando attorno alla nave ferita “un vivo anello di bandiere d’ogni nazione, di cuori pronti al sacrificio”.

La forza del mare, tuttavia, rendeva vano qualsiasi tentativo di raggiungere i naufraghi. Vi furono 135 vittime, soprattutto donne e bambini a bordo di scialuppe che i soccorritori non riuscirono a raggiungere.

Di fronte all’impotenza dei soccorsi, l’11 ottobre il comandante del Carmania ebbe un’idea tanto folle quanto geniale. Contattò la Narragansett, una petroliera di passaggio, chiedendo di sversare in mare il greggio trasportato.

Quello che ad una prima occhiata sembrerebbe un atto folle (oltre che, agli occhi di noi contemporanei, estremamente inquinante!), permise tuttavia di calmare le onde attorno al Volturno, grazie alla patina di petrolio che ricopriva la superficie del mare. Con “i flutti […] domati dal petrolio”, fu possibile soccorrere le scialuppe, e salvare le 521 persone ancora a bordo del relitto.

Giorni dopo, il destino finale del Volturno fu deciso – ironia della sorte – proprio da una petroliera, l’olandese Charlois. La notta del 17 ottobre, ignara degli avvenimenti, la nave cisterna si imbatté nel relitto (ancora fumante) del piroscafo britannico. Vedendo che costituiva un pericolo per la navigazione, il comandante ordinò di aprire le paratie dello scafo, determinandone il definitivo affondamento.

Marco Mocchetti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con *

Iscriviti alla newsletter

    Registrandoti, accetti l'informativa sulla privacy

    Seguici sui social