C’era una volta il General Petroleum Museum…

Molti appassionati di petroliana di lunga data si ricorderanno senz’altro di Jeffrey Pedersen; collezionista appassionato, aveva accumulato oltre 10.000 oggetti relativi alle stazioni di servizio, conservati nel suo General Petroleum Museum a Seattle, in quella che era una delle più grandi collezioni degli Stati Uniti.

Scomparso nel 1999, la sua raccolta è stata successivamente venduta ad altri collezionisti ed è così andata “perduta”.

Nel 1994, quasi per caso, Pedersen venne in visita in Italia al Museo Fisogni, all’epoca conservato a Palazzolo Milanese, dove si trovava l’azienda di Guido Fisogni.

La collezione, oggi esposta a Tradate, sarebbe stata certificata dal Guinness World Record come la più completa al mondo solo nel 2000, ma già nel 1994 era capace di stupire tutti, lasciando a bocca aperta lo stesso Pedersen.

“Jeff rimase molto colpito dalla mia collezione – ama ricordare oggi Guido – tanto che mi disse: Pensavo di essere il primo al mondo, ma ho capito di essere il secondo!”.

Nell’archivio del Museo è conservato un dettagliato resoconto di quella visita, dove sono riportate, parola per parola, le conversazioni di Jeff con Guido Fisogni e con Enrico Castruccio, storico che all’epoca lavorava per il Museo.

Da sinistra: Jeff Pedersen, Enrico Castruccio, Guido Fisogni (nel vecchio Museo di Palazzolo Milanese)

“E’ una collezione davvero affascinante – commentava Pedersen – è molto più grande di quelle che ci sono negli USA”. E “in Europa – sottolineava – è più difficile che in America comprendere che questi oggetti sono storicamente importanti”. Nessuna delle collezioni da lui viste, diceva, “è esposta così bene. Le collezioni in America sono molto diverse da questa, fatte più per il gusto del possesso che non per la volontà di preservare. La cosa più considerata […] è il valore venale degli oggetti. Quello che vedo qui è fatto col cuore: esattamente come concepisco io la collezione”. “Sono imbarazzato – confessava poi – io le cose le ho disposte peggio”.

Una cosa che lo colpì particolarmente – e in positivo – era la presenza anche “dei pezzi brutti, senza particolari caratteristiche di grafica o design, ma tremendamente importanti dal punto di vista documentativo”.

Pur conoscendo il valore economico dei pezzi, Pedersen sottolineava che il vero “valore è qui e qui [indica il cuore e il cervello]”.

Tra i consigli elargiti al Museo, quello di fare attenzione (già all’epoca!) ai falsi: “Grosso problema negli USA per i globi e le targhe. State attenti […]. In America il problema dei falsi è aggravato dal fatto che molti collezionisti sono ignoranti e superficiali”.

Altro suggerimento, quello di interessarsi anche alla storia americana del settore – senza limitarsi a quella europea – “in modo che la collezione aumenti la sua qualità” e che rappresenti un quadro più completo.

Stupito dal fatto che la collezione fosse di proprietà di Guido Fisogni e non dell’azienda – all’epoca gestita assieme ad alcuni soci – Pedersen non risparmiava le critiche nei confronti delle grosse società petrolifere, a causa del loro disinteresse: “Se c’è qualche manager interessato si promuove una collezione, [ma] se poi quello va via o muore, viene gettato tutto via”.

Una di queste compagnie – che preferiamo non nominare – “aveva molte migliaia di pezzi, una bellissima collezione. […] Hanno buttato tutto perché lo spazio per tenere tutta questa roba costava troppo: uno dei dirigenti vide il conto dell’affitto dei locali e decise di farla finita”.

Tra un aneddoto e l’altro, Pedersen non mancava di rimarcare il suo amore per i memorabilia: “per molto tempo questi oggetti sono stati considerati di scarsa importanza e gettati; solo ora diventano importanti. È importante recuperare la verità dimenticata su questi oggetti”.

Leggendo questo resoconto, colpisce anche la filosofia del collezionista secondo Pedersen: “Come capita a tutti i collezionisti, c’è stata una fase in cui importava solo accumulare, poi è nata l’esigenza di disporre gli oggetti per mostrarli e per poterli godere meglio; solo allora è cominciata ad apparire l’esigenza di capire meglio gli oggetti, per poterli disporre nel modo migliore, sapendo da deve vengono, di che epoca sono e così via. Queste cose non hanno senso se uno non sa a cosa servivano, come funzionavano”.

Alla fine del colloquio, entusiasta di quanto aveva visto, Pedersen invitò Guido Fisogni in America, per visitare la sua collezione; il destino, però volle diversamente, e non ci fu l’occasione di ricambiare. Pedersen scomparve nel 1999 e il suo museo venne smembrato. Nel 2000 Fisogni cedette la sua azienda e anche il suo museo fu chiuso e imballato in un magazzino. Riaprì i battenti a Tradate solo nel 2015, nella villa di famiglia che tuttora ospita la collezione.

Dello spettacolare museo di Seattle, di cui online rimangono pochissime tracce, il Museo Fisogni conserva un video in VHS (digitalizzato), in cui lo stesso Pedersen raccontava allo spettatore le sue meraviglie, e una collezione di fotografie inviate da Jeff negli anni ’90.

Marco Mocchetti

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