Il rifornimento aereo negli anni ’70 – Il B. 747, l’ “elefante” dei cieli

Quando si parla di rifornimento di carburante, viene spontaneo pensare alla classica stazione di servizio per automobili. In realtà, questo processo riguarda molti altri ambiti, come le imbarcazioni e, soprattutto, gli aeromobili.

Sin dall’avvento dei primi aeroplani si sono sviluppati metodi sempre più moderni per rifornire i velivoli, sia a terra che – in ambito militare – in volo.

Oggi vogliamo offrire uno spaccato “vintage” di questo mondo, ripercorrendo un articolo pubblicato dalla “Rivista Fina” nel 1972, dedicato proprio al refueling nella “aviazione d’oggi”.

Un’epoca di sviluppo

Si era nell’epoca della vorticosa evoluzione del settore del trasporto aereo, che nel giro di 15-20 anni aveva ormai definitivamente soppiantato quello via mare, ancora alquanto diffuso negli anni ’50 e parte dei ’60.

I velivoli diventavano sempre più affidabili, efficienti e, soprattutto, grandi. Una crescita tendente al “gigantismo”, che aveva visto lo sviluppo di mezzi davvero impressionanti; un altro articolo della stessa rivista, nel 1968, li paragonava a “cetacei volanti”, e li definiva come “mastodonti dell’aria” o “treni alati”.

“Il problema del rifornire di carburante gli aerei commerciali”, ovviamente, “si è fatto via via più impegnativo con l’aumentare delle dimensioni, del peso, dell’autonomia degli aeroplani”.

Cartolina da Milano Malpensa

Dalle prime “decine di litri” dell’epoca pioneristica del settore, e dei primi “ardimentosi” aviatori, in pochi decenni si era passati “a centocinquantamila chilogrammi che costituiscono il pieno di carburante di un Boeing 747 Jumbo Jet”, l’allora modernissimo “elefante” dell’aria che costituiva il più grande aeromobile commerciale dell’epoca (350-400 passeggeri, e successivamente fino a 660!).

Numeri da capogiro!

La crescita era stata rapidissima e “vertiginosa”: un “Douglas DC-6/B quadrimotore ad elica degli anni ’50-60”, ossia in servizio appena 10 anni prima, “poteva imbarcare circa 17.000 kg di carburante”; il successivo DC-8 “quadrimotore a turbogetto degli anni 60-70” ne caricava fino a 70.000 kg, e il 747 arrivava a 152.000 kg! Le cifre, del resto, avrebbero continuato a salire anche nei decenni successivi, anche se a ritmi meno esponenziali: oggi l’Airbus A380, il più grande aereo passeggeri al mondo (capace di ospitare oltre 850 persone), ha una capacità di 320.000 litri di benzina, ossia circa 257.000 kg!

Insomma, una quantità “impressionante per un profano”, specialmente considerando “quanta strada potremmo fare con la nostra utilitaria”.

Anche i consumi, in effetti, erano un argomento interessante: il 747 Jumbo Jet, “ossia il più moderno e più grande aereo commerciale al mondo”, bruciava “circa 12.000 Kg/ora” di carburante (similmente, un odierno A380 ne consuma 11.500). Un mezzo davvero incredibile per l’epoca, anche considerando che il “primo storico balzo” dei Fratelli Wright, nel 1903, avrebbe potuto essere contenuto “nell’interno della fusoliera del B. 747”.

Il rifornimento negli anni ’70

Rifornimento Air Fina
Rifornimento Air Fina

Ma come avvenivano, nella pratica, le operazioni di rifornimento negli anni ‘70? Negli aeroporti più piccoli, “il rifornimento avviene a mezzo di autobotti provviste […] di contatori”, mentre in quelli “più modernamente attrezzati” erano presenti “cisterne interrate sotto le piazzole d’imbarco. Automezzi appositamente attrezzati fanno da intermediari-rifornitori tra la cisterna sotterranea e l’aeromobile. Si tratta di mezzi che, forniti di capaci pompe, si attaccano da una parte alle bocche di uscita del deposito, e dall’altra si immettono direttamente sui condotti di erogazione ai serbatoi dell’aereo”. Le operazioni venivano effettuate dal personale tecnico della compagnia aerea, e il motorista del volo ne era il responsabile. un aeroporto come quello di New York poteva stipare oltre 3 milioni di galloni nelle proprie cisterne!

L’esempio di Malpensa

Malpensa nel 1978
Malpensa nel 1978

Ovviamente, non si tratta delle uniche tecniche di rifornimento nei moderni aeroporti. Alla vicina Malpensa (dove peraltro la Fina operava dal 13 aprile 1970), in passato erano utilizzate delle autobotti, che si rifornivano in apposite cisterne di superficie situate in un’area oggi in disuso dell’aeroporto.

In tempi più recenti, è stata realizzata nell’aeroporto un’apposita zona di stoccaggio; questa, tuttavia, non “pesca” il carburante da cisterne sotterranee ma direttamente da due oleodotti (gestiti da ENI e Sarpom), che trasportano il liquido all’interno del sedime aeroportuale.

Dopo lo stoccaggio, le operazioni di rifornimento sono effettuate direttamente nelle piazzole d’imbarco dai cosiddetti handler rifornitori (ossia consorzi a cui aderiscono le compagnie petrolifere), con l’uso di “pit” interrati collegati agli oleodotti. Le autobotti sono tuttavia ancora presenti, per essere utilizzate in caso di emergenza.

“Quello del rifornimento di carburante agli aeromobili commerciali – concludeva l’articolo – è un discorso sempre aperto: a risentirci all’era dei supersonici”. Un’era che, oggi sappiamo, sarebbe stata assai più breve e meno fortunata!

Marco Mocchetti

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