Diesel e inquinamento: una problematica di lunga data

Il futuro del diesel secondo l’Alfa Romeo negli anni ‘80

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Il diesel, come è noto, è ultimamente al centro di vivaci polemiche relative alle emissioni inquinanti, e sono molte le città europee ed italiane che hanno emanato severe limitazioni alla circolazione di veicoli con questo motore, arrivando a scoraggiarne l’acquisto e, di conseguenza, la produzione.

È quella dell’inquinamento diesel una scoperta recente? Ci sentiamo di rispondere di no.

Anzitutto, un po’ di storia: il primo motore diesel vide ufficialmente la luce il 26 febbraio 1892, quando lo scienziato tedesco Rudolf Diesel ne registrò il brevetto; da allora, questa tipologia di propulsione si affermò rapidamente in ambito industriale, mentre bisognerà aspettare gli anni ’70 e ’80 per un vero decollo del diesel anche per la motorizzazione comune.

Proprio negli anni ’80, in verità, già erano ben presenti tutte le problematiche, sia energetiche che ambientali, legate a questo tipo di alimentazione, come testimonia un numero del periodico di informazione Alfa Romeo del 1983, conservato nell’archivio del Museo Fisogni.

Nel periodo successivo al grande “shock petrolifero” del 1973, infatti, la domanda europea di veicoli diesel spiccò il volo, e gli anni ’80 e ’90 sembravano destinati a diventare i decenni della definitiva affermazione di questo motore. Tuttavia, nota il giornale, sia le politiche energetiche che quelle produttive dovevano essere “programmate” in anticipo e con precisione, senza perdere d’occhio la tematica ambientale.

Quali erano, secondo il giornalista dell’Alfa, i fattori che avevano determinato la recente crescita della domanda? Anzitutto “l’atteggiamento di alcuni governi” che, con determinate politiche fiscali, avevano determinato una maggiore convenienza del gasolio; in secondo luogo, le decisioni di alcune case automobilistiche, che avevano investito nella ricerca tecnologica.

A sorpresa, l’aumento delle immatricolazioni diesel stava coinvolgendo anche l’Italia, nonostante l’odiato superbollo (abolito nel 1997) che rendeva questi motori convenienti solo “per percorrenze elevate”; anche nel Belpaese, comunque, il gasolio costava molto meno della benzina, 579 lire al litro contro 1165.

Le prospettive energetiche, tuttavia, non erano del tutto rosee: l’aumento dei consumi di gasolio avrebbe potuto portare, secondo il giornalista, a “tensioni sul prezzo” e a problemi relativi al deficit. Per evitare queste problematiche, le case automobilistiche e i produttori di petrolio operanti in Italia proponevano una doppia soluzione: aumentare la produzione interna, “attraverso la maggiore efficienza degli impianti”, e sostituire il gasolio, negli ambiti non automobilistici (come il riscaldamento o la produzione di elettricità), con altre forme di energia alternative, come “energia nucleare e carbone” (si noti, nel 1983, la totale mancanza di attenzione verso le fonti rinnovabili).

Da un punto di vista tecnico, invece, quattro erano gli obiettivi primari per i produttori di auto: affinare l’utilizzo di materiali più leggeri per diminuire i consumi, migliorare l’avviamento e il comfort generale, migliorare le prestazioni e, appunto, ridurre le emissioni inquinanti.

Anche all’epoca, infatti, i limiti ambientali dell’utilizzo del diesel erano conosciuti: “due caratteristiche del motore diesel sono ben note a chiunque: la sua rumorosità e il suo caratteristico «fumo» nelle emissioni”. Ed era soprattutto quest’ultimo, secondo i tecnici Alfa Romeo, il problema più grande: certo, in un’epoca di marmitte non catalitiche si pensava che “l’assenza di piombo nel gasolio farà diminuire, all’estendersi del parco diesel, la percentuale di questo componente nell’atmosfera. Il vero problema del diesel è la presenza nello scarico di particolati solidi”, responsabili di gravi danni per la salute. Una particolare responsabilità nell’inquinamento era da ricercare (e spesso lo è tuttora) nell’incuria degli stessi proprietari, che in molti casi adottavano una “generale trascuratezza nella manutenzione periodica” dei loro veicoli.

Importante era quindi, secondo il giornalista, pianificare i controlli, studiandone “la modalità e la relativa gestione”, e migliorare la tecnologia per rendere i motori più puliti.

Tuttavia, nonostante la successiva introduzione del FAP, il problema sarebbe rimasto e, con una frase che oggi più che mai appare profetica, la rivista sentenziava che “verranno però emanate […] delle nuove direttive tese a un più severo controllo dell’inquinamento […]. Alcuni di questi inasprimenti […] potrebbero portare dei problemi ai motori diesel” venduti in futuro.

La tematica, com’è ovvio, è ancora attuale; certo, oggi i carburanti hanno fatto enormi cambiamenti: catalizzatori, filtri antiparticolato e normative hanno sicuramente ridotto, e di molto, le emissioni delle auto moderne rispetto a quelle di 30/40 anni fa. La sfida attuale, però, rimane ancora quella dell’abbattimento delle emissioni, e negli ultimi mesi si è assistito ad una generale presa di posizione contro i motori diesel, la cui circolazione è in molte città penalizzata o limitata. Certo, non mancano i difensori di questo sistema, i quali non a torto sottolineano le criticità delle altre forme di carburante (benzina, GPL, gas…), arrivando anche a sostenere che, ad oggi, un’auto elettrica inquini quanto un diesel. Se un’affermazione del genere può apparire forse eccessiva, e se l’elettrico appare oggi come il futuro della mobilità, è bene però non dimenticare che le stesse vetture elettriche non appaiono ancora mature per sostituire, in toto, i motori a combustione interna, con problemi ancora irrisolti come lo smaltimento delle batterie e i tempi di ricarica. C’è inoltre da chiedersi se e quali saranno le eventuali conseguenze sulla motorizzazione della pandemia di Covid-19, che ha al momento messo in stand-by la stessa produzione e vendita di autoveicoli.

Fino a quando questi ed altri limiti delle nuove forme di energia non verranno superati, sarà necessario un periodo di transizione e trasformazione… e chissà se in questo processo non ritroverà uno suo spazio il motore diesel, che da oltre 100 anni accompagna gli automobilisti sulle strade di tutto il mondo.

Marco Mocchetti, curatore Museo Fisogni

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