La cura contro la calvizie? Il petrolio! (o forse no)

Viaggio tra i rimedi “petroliferi” venduti nelle farmacie di inizio XX secolo

Ai primi del ‘900 la cura dei capelli era cosa molto sentita tra la popolazione; spopolavano le pubblicità di prodotti più o meno bizzarri, che promettevano capigliature eleganti, capelli folti, cure per la calvizie.

Andavano molto, in particolare, i prodotti a base di petrolio.

Chi ha visitato almeno una volta il Museo Fisogni, saprà già che tra i primi a vendere benzina in Italia c’erano, oltre ai droghieri, i farmacisti. Prodotti a base di petrolio, infatti, erano utilizzati come anti-pidocchi, e per questo rientravano nella licenza di vendita; non era raro trovare, quindi, un carrello per la benzina fuori dal negozio, che vendeva carburante ai pochi veicoli circolanti. Quello contro i pidocchi non era, tuttavia, l’unico utilizzo “farmaceutico” dell’oro nero.

Innanzitutto, è da dire che la caduta di capelli era un problema che preoccupava molte persone all’epoca, soprattutto nel ceto medio-alto, e si sprecavano quindi i prodotti dedicati. Certo, non tutti sembravano affidabili: sulla “Domenica del Corriere”, ad esempio, compare una poco rassicurante pubblicità del “Segreto” di una tale Giulia Conte di Napoli, “per far crescere i capelli, barba e baffi in pochissimo tempo”. Se l’articolo raccomandava di “non confondersi con i soliti impostori”, rimane tuttavia più di un dubbio sulla buona fede della signorina e sul suo metodo, di cui null’altro si sa, se non appunto che era “segreto”.

Assai più stravagante, ma non meno improbabile, un altro rimedio comparso sulle pagine della stessa rivista e basato sull’elettricità. Un metodo “unico”, moderno, “confermato dal Congresso internazionale dell’Elettrologia all’Esposizione di Milano” del 1906. L’articolo millantava oltre 5000 guariti dalla calvizie, promettendo diagnosi per corrispondenza dopo l’invio di un campione di capelli. La cura? A base di elettricità! Roba da far rizzare i capelli, insomma. Circa il farli ricrescere, beh, il dubbio rimane.

Ma torniamo al petrolio: come avrebbe potuto l’oro nero contribuire, secondo le pubblicità dell’epoca, alla buona salute del cuoio capelluto? Sul suo uso come anti-pidocchi, i dubbi sono pochi: difficile che i piccoli parassiti potessero sopravvivere al trattamento. Ma riguardo al resto?

Certo è che, nel settore, c’era un’agguerrita concorrenza, con svariati prodotti venduti nelle farmacie di tutta Italia. La “Premiata Farmacia Polli” di Milano proponeva, nel 1899, il proprio “petrolio pei capelli” per arrestarne la caduta, in particolare quella “causata sia da gravi malattie (tifo, febbri perniciose, ecc.), sia da eruzioni cutanee, da nevralgie frequenti, da abbondante forfora, da eccessivo sudore”.

Nello stesso anno, a fare da concorrente era l’ “impareggiabile Petrolio Essenziale I. Herbert” di Torino, “igienico” e “soavemente profumato”, che garantiva una “ricca ed elegante capigliatura”. Abbinata ad essa, la “vera acqua Fedora”, per la “rigenerazione e ricolorazione primitiva dei capelli e della barba”: insomma, una tinta, in grado anche di arrestare la caduta dei capelli, favorendone “il rinascimento, rendendo loro forza, morbidezza ed eleganza”. Anche le tinture, del resto, erano assai diffuse all’epoca, come la concorrente “Floreline” inglese o la “Vera Acqua Celeste Africana”, ma non è chiaro se anch’esse fossero o meno realizzate con derivati del petrolio.

Si trovava invece in profumeria il “Petrolio Vero Hahn”, direttamente da Ginevra, “efficacissimo per la conservazione e la rigenerazione dei capelli”.

Del 1904 era il “Petrolio Thomas”, che oltre alla caduta dei capelli combatteva anche “le affezioni del cuoio capelluto come il prurito, la forfora”. “Col suo uso continuato, i capelli diventano morbidi, satacei ed abbondanti”.

Nel 1908, a Venezia, si poteva invece trovare la “Petrolina Longega”, “a base di petrolio inodoro soavemente profumata per far crescere i capelli e arrestarne la caduta. È raccomandato l’uso a tutti specie alle signore”. Anche questo prodotto, ovviamente, era “efficace alle persone che colpite da malattie, hanno perduto i capelli”.

Il petrolio, peraltro, non era solo l’ “ingrediente” di molti di questi prodotti, ma anche una sorta di moderna fragranza; ne è un esempio la “Chinina Mignone”, un ritrovato “per lo sviluppo e conservazione dei capelli” disponibile in tre versioni: “Profumata, inodora od al petrolio”. Era prodotta, dice una pubblicità del 1904, a Milano dalla “Fabbrica di Profumerie, Saponi e Articoli per la Toeletta e di Chincaglieria per Farmacisti, Droghieri, Chincaglieri, Profumieri, Parrucchieri, Bazar”. Insomma, tutti quei negozi che, a inizio secolo, vendevano prodotti petroliferi.

Marco Mocchetti

Curiosità:

Prodotti a base di petrolio sono utilizzati tutt’oggi per i capelli, soprattutto per proteggerli dall’acqua o per i capelli grassi!

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